Sapevamo che partendo da questo assunto avremmo potuto generare una miriade di reazioni, positive e negative. Infatti, le domande che si sono susseguite domandavano: “Ma quale sarebbe la cosa giusta?”, “ Come faccio a capire chi è Leader, chi è Manager o chi entrambi?”. Ed è così che io e Giuseppe – Giuseppe Stigliano (CEO Spring Studios) abbiamo deciso di provare a scrivere due parole su questo tema.
La cosa giusta, una provocazione?
Ebbene sì, lo è. O meglio, è un concetto da snocciolare con più attenzione. Scrivendola così, potrebbe sembrare che un Manager non faccia le cose bene. In realtà, la principale differenza è che un Leader ha persone che lo seguono mentre un Manager ha persone che lavorano per lui. Non perché una cosa sia meglio dell’altra ma semplicemente perché si tratta di due figure diverse. Il compito principale del Leader è quello di creare una visione e di aiutare le persone a capirla, difenderla e raggiungerla. Fare il Manager significa più lavorare per far sì che tutto sia fatto nella maniera corretta – infatti, ecco “bene, ed è una questione assolutamente complicata – nel day by day. Un ruolo fondamentale che traduce una visione in progetti ed in linee di azione.
Un buon Leader deve circondarsi di buoni Manager
Potremmo anche pensare suddividendo il ragionamento in Leader-Manager e Manager-in-charge. Ci sono aziende che per la loro natura o per il momento storico in cui sono paradossalmente hanno più bisogno di manager in charge che di leader manager. Il Leader-Manager tende per natura a guidare, a immaginare nuove idee e a mostrare una visione. Tende sempre a convincere con carisma gli altri che sia giusto virare verso una certa direzione. Ci sono aziende tuttavia che, causa momento storico attuale, sono in una modalità che la letteratura di business definisce “Sustained Success”: parliamo di una modalità in cui sarebbe controproducente virare. Qui, è necessario gestire, perché i frutti della virata precedente stanno ancora maturando. In questi casi il Manager-in-Charge deve fare il Manager puro e far succedere le cose e far sì di farle bene, perché quelle quelle ‘giuste’ costringerebbero l’azienda a intraprendere percorsi troppo rischiosi in quel dato momento.
Per realizzare quella visione, circondati di persone più brave di te. Funziona!
Avere un vero Leader non è sempre percepito come “comodo”
In questa era durante la quale la Leadership è un trend-topic di molta letteratura di settore e dei social, ci chiediamo quanto sia davvero la consapevolezza nell’affidare un dato compito ad un vero Leader con visione, integrità morale, grandi doti comunicative. A volte, anche un bravo leader diventa scomodo perché – soprattutto nel modello italiano – il potere di delega è ancora un’utopia in un mondo di piccole-medie imprese e dove la logica eccessivamente “familiare”, a volte, tarpa le ali a chi sembrava essere la persona giusta al momento giusto.
In un momento di grande cambiamento come quello attuale – tempi in cui il futuro non è più una semplice ottimizzazione marginale del passato ma anzi è diventato BANI (Brittle, Anxious, Non-linear and Incomprehensible) la maggior parte delle aziende si trovano ad essere underled e overmanaged.
In altri termini ci sono molti Manager che sanno come applicare processi disegnati per generare economie di scala, di scopo, di apprendiment e che presuppongono una situazione prevedibile e stabile. Tuttavia, la situazione è esattamente antitetica. È proprio in questi contesti c’è bisogno come il pane di leader che esprimano visioni nuove e che sappiano circondarsi poi di manager capaci di scaricare a terra quella visione nel modo più fedele possibile, preservando l’interesse dell’azienda in armonia con il pianeta e con le persone. Questi Leader 4.0 devono necessariamente incarnare la concezione del “giusto” di quel famoso post che abbiamo pubblicato per introdurre questo articolo.
Basta davvero essere Gentili?
Come ha detto il nostro amico Sebastiano in uno dei suoi ultimi post, c’è bisogno di “accogliere il disaccordo”.
Compito di Leader e Manager è sì quello di creare ambienti gentili dove onestà, integrità. Ispirazione e comunicazione chiara e regolare possano essere sempre concetti centrali – e attenzione alla proliferazione eccessiva degli ultimi tempi del mix “Leadership Gentile”: siamo stati tra i primi a lanciarla ma c’è il pericolo di traviarne il significato e di renderla qualcosa di fine a sé stessa – ma anche costruire un ambiente dove la fiducia sia al centro. E per rinsaldare la fiducia c’è bisogno di accogliere il disaccordo tra i membri dei propri team e le diverse prospettive per poi farne un momento di crescita attraverso una corretta gestione del percorso. Facciamo esprimere le persone e facciamole sentire in grado di esprimersi. Quante volte, nella vita, a scuola, in università, vi siete vergognati ad esprimere la propria opinione? Caratteristiche del proprio carattere o poca capacità in chi gestiva il tutto nel creare un ambiente fluido di confronto adatto ai propri interlocutori?
Quindi, Manager o Leader?
Dipende molto anche dalla grandezza dell’ambiente in cui state operando. Nelle realtà più piccole – quindi gran parte del tessuto imprenditoriale italiano – la grande sfida è diventare bravi in entrambi i ruoli. Essere bravi a definire “cosa deve essere fatto” e sul “come farlo” è un gran bel challenge. Ma, alla fine, la cosa che influisce di più è il momento storico. Un Leader al vertice in una fase di transizione – dove sono necessarie scelte difficili e riposizionamenti vari – è assolutamente centrale. Per dare continuità e migliorare l’efficienza della gestione, ci sarà invece un bravo Manager. Quindi, Manager o Leader? Mettendo la parola “Brava/o” davanti, sono entrambi due splendidi ruoli da meritare e ricoprire. E al centro di tutto, come sempre, ci deve essere un evoluzione di questi concetti che possa davvero ritenere una condizione necessaria l’engagement delle persone che ci affiancano ogni giorno. Un Employee Engagement alto migliorerà tutto l’ambiente di lavoro. Come migliorarlo e perseguirlo? Ne parleremo nel prossimo articolo della rubrica. Siate bravi Leader e Manager! Buon lavoro!
42 anni, nasco a Firenze e faccio del mio percorso sportivo uno spirito di vita che applico al mondo del lavoro. Ho girato il mondo con varie esperienze internazionali nell’hospitality fino al rientro in Italia, dove sposo il progetto di Starbucks precisamente a Milano. Volevo fare qualcosa per la città, cambiare la mia vita e aiutare gli altri. Penso che questa meraviglisoa azienda mi ha dato questa possibilità di esser pienamente me stesso. Cerco di portare la gentilezza e la cura del dettaglio ovunque, come mi ha insegnato mio padre.
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