“Faccio ciò in cui credo e credo in ciò che faccio.”
La gentle attitude consente forse di vivere il proprio lavoro con maggior passione? Come si riesce a misurare la gentilezza in un candidato? È possibile che il contesto lavorativo improntato su valori quali autenticità e Purposeful Kindness non perda forza competitiva, ma anzi favorisca un clima più disteso, collaborativo, gratificante e dunque più performante?
Ho avuto modo nell’ultimo periodo di confrontarmi con colleghi HR e Head Hunter, e il riscontro è stato sempre lo stesso: la pandemia ha portato i candidati a ricercare maggior sicurezza e attenzione da parte delle aziende rispetto al passato, affrontano le decisioni in maniera più pragmatica e meno emotiva, questo in quanto il cambiamento implica instabilità. Ma se l’azienda è in grado di trasmettere fiducia e garanzie, allora l’implicazione del candidato c’è. Il rischio sennò quale sarebbe? Di perdere le risorse migliori ancora prima di averle in staff o, ancora peggio, di perderle mentre sono già dentro.
Per chi come me si occupa di selezione l’ingaggio iniziale parte dalla reputazione aziendale, ma anche e soprattutto dalla capacità delle realtà aziendali ad essere trasparenti e molto chiare già dall’annuncio, su ciò che si cerca, sulle condizioni retributive e contrattuali, sulle possibilità di crescita, eccetera.
Altro elemento successivo sono le informazioni di fino comunicate dall’azienda e dal modo in cui vengono esposte in fase di colloquio; tutto può essere detto con gentilezza, anche informazioni scomode e poco allettanti. La chiarezza da parte dell’azienda consente al candidato di contestualizzare in modo accurato il valore dell’opportunità futura e di poter esprimere in modo autentico il proprio valore aggiunto: è una dichiarazione d’intenti condivisa nel rispetto reciproco.
L’autenticità nell’interazione favorisce la conoscenza dell’altro in modo da anticipare così bisogni e risposte, sempre con cura e attenzione.
A tal proposito Amy Cuddy della Harvard Business School, insieme ai suoi partner di ricerca, ha dimostrato che anche prima di stabilire la propria credibilità o competenza, i leader che manifestano riguardo sono più efficaci delle persone che guidano con durezza. Fondamentalmente, la gentilezza e il calore sembrano accelerare la fiducia. I ricercatori dell’Università di Oxford dal canto loro hanno analizzato centinaia di articoli pubblicati che hanno studiato la relazione tra gentilezza e felicità e 21 di questi studi dimostrano esplicitamente che essere gentili con gli altri ci rende più felici. Aggiungete a questo una ricerca dell’Università di Warwick che ha rivelato che le persone felici sono più produttive al lavoro delle persone infelici.
Ecco quattro punti messi in luce e che possono aiutare la leadership a praticare una gentilezza costruttiva sul lavoro
1. Riconoscere i successi dei collaboratori li stimola a sentirsi sempre più ingaggiati,
2. Affiancare, in modo gentile. “Come posso aiutare”,
3. Dare feedback, gentilmente. rafforza l’autorevolezza del leader
4. Avere Cura, con gentilezza. Siamo umani non macchine
Voi leader, siate empatici ed intuitivi, umili e capaci di generare fiducia ed impatto inclusivo attraverso le vostre azioni.
In fase di selezione non limitatevi a cercare, osservare e misurare la soft Skill “gentilezza” come una comune caratteristica di superficie osservabile nel garbo o nella cortesia. Per evitare che la gentilezza rimanga un potenziale inespresso riconosciamola come una vera e propria competenza, una virtù che si declina nell’accoglienza, empatia, rispetto, onestà e franco parlare.
Infine, a chiunque si trovi ad affrontare una nuova esperienza di lavoro: la gentilezza sarà un vostro punto di forza! Siate consapevoli delle vostre capacità, dei vostri punti di miglioramento e di dove vorreste essere per valorizzare al meglio il vostro potenziale. Fate ciò in cui credete e credete in ciò che fate. Questo vi consentirà, malgrado l’inevitabile emotività del momento, di mantenere il focus sul vostro obiettivo. Siate sempre gentili con voi stessi, autentici innanzitutto, e gli altri lo saranno con voi.
Che voi siate giovani o ormai navigati nel mondo del lavoro, ponete domande, siate curiosi, dimostrate interesse e ricordatevi di non dare nulla per scontato, il confronto apre nuovi spazi alla collaborazione e consente di superare i propri limiti.
La gentilezza allarga la comunicazione, la conoscenza e ci regala opportunità straordinarie.
Cacciatrice di teste è l’appellativo che corrisponde alla mia attività..preferisco tuttavia il termine talent scout a quello di head hunter anche se nella vita…anche quando non cerco niente: arriva, basta rendersi ricettivi. Di indole ascolto tanto e faccio tante domande…perché il mio difetto più grande è la curiosità :)) e ciò che mi riesce meglio? Creare link tra ambienti e persone, persone e persone per fare emergere i talenti.
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