Hospitality is Colour

Il contatto umano come chiave del futuro del lavoro. L’ospitalità in evoluzione, tra empatia e autenticità

In un’epoca in cui la tecnologia ridisegna ogni giorno le dinamiche del lavoro e della comunicazione, il contatto umano resta la bussola. È ciò che dà senso alle relazioni, che permette di costruire fiducia e di creare legami autentici, anche — e forse soprattutto — nei contesti professionali.

Nel mondo dell’ospitalità, come in quello del recruiting, il valore delle persone è il vero motore del cambiamento. Ogni selezione, ogni colloquio, ogni scelta di inserimento non riguarda solo le competenze tecniche, ma la capacità di entrare in relazione con gli altri. È qui che le soft skills, troppo spesso considerate un “di più”, diventano la misura più precisa della qualità di un’organizzazione.

Perché non esiste azienda gentile senza persone capaci di empatia, di ascolto, di collaborazione. E non esiste leadership che possa durare senza il coraggio di riconoscere il valore della sensibilità umana come competenza strategica.

Su questi temi abbiamo avuto il piacere di confrontarci con Paola Barbieri, HospitalityTeam Leader di Antal, società di head-hunting che ogni giorno incontra e ascolta persone, costruendo ponti tra talenti e aziende, tra potenzialità e opportunità.

Nel suo lavoro di head hunter, incontra ogni giorno persone con storie, emozioni e ambizioni diverse. Qual è, secondo lei, il valore più grande del contatto umano in un processo di selezione?

Il contatto umano è la base delle relazioni autentiche e armoniose in tutti i campi della nostra vita. Soltanto con il contatto umano per me è possibile creare una relazione di fiducia con i candidati e con i referenti dell’azienda coinvolti nel processo di selezione. Certamente le conoscenze e le competenze tecniche sono fondamentali per gestire con successo l’attività di recruitment end-to-end ma sono le competenze trasversali a fare la differenza. E ogni competenza trasversale, o soft-skill che dir si voglia, affonda le sue radici nel saper instaurare questo contatto umano con chi ci sta intorno.

Spesso si parla di competenze tecniche come primo criterio di valutazione, ma quanto contano invece le soft skills e la capacità di “essere” oltre al “saper fare”?

Le aziende prima di assumere un professionista, assumono una persona. Nella mia esperienza decennale ho assistito più volte alla valutazione opposta di un candidato per il medesimo ruolo nello stesso arco temporale da parte di due aziende diverse. Questo accade la maggior parte delle volte perché il criterio di valutazione del candidato si sposta sul saper essere più che sul saper fare. La raffinatezza del mio lavoro non sta solo nel capire quale professionista l’azienda stia cercando, ma soprattutto quale tipo di persona.

Guardando al futuro, quali caratteristiche umane ritiene diventeranno decisive per distinguere i professionisti più adatti a un mondo del lavoro sempre più complesso e multiculturale?

Questa è una bella domanda! Io posso dire che le qualità umane più richieste dalle aziende in questo mommento sono senso di responsabilità, serietà, disponibilità e flessibilità. Dall’altra parte, grazie a tutti i colloqui di selezione che faccio ogni settimana, credo che quello che manca oggi siano comunicazione e collaborazione. Purtroppo viviamo in una società fortemente individualista e questo imprinting culturale si riflette nel nostro modo di lavorare. Proprio poiché andiamo incontro ad un mercato del lavoro sempre più complesso e multiculturale, queste due competenze trasversali diventano fondamentali non solo per il successo dell’azienda ma anche per mantenere l’equilibrio dell’ecosistema organizzativo.

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