Quello tra ‘innovazione e gentilezza’ è un paradigma che abbiamo imparato a conoscere quando ancora a separarci c’era lo schermo del nostro portatile.
L’emergenza sanitaria, ai tempi del lockdown e del social distancing, ha impresso un cambiamento senza precedenti, una profonda trasformazione che ha interessato davvero tutti gli aspetti della nostra esperienza. Anche l’innovazione come la conoscevamo è cambiata, si è resa cruciale in un contesto dove le aziende affrontano tutt’oggi una realtà decisamente più complessa rispetto al passato, dove la tecnologia e lo sviluppo di soluzioni innovative sono diventate vere e proprie strategie di resilienza.
Ma l’innovazione in azienda non è soltanto tecnologia, l’innovazione è anche sostenibilità, appartenenza e benessere di chi l’azienda la vive ogni giorno, i suoi dipendenti, in due parole ‘innovazione gentile’.
Cosa vuol dire innovare con gentilezza? Per comprendere al meglio il significato di questa strana accoppiata vale la pena fare un tuffo nell’etimologia di ‘gentile’ per scoprire un’idea dalle origini più profonde di quanto possiamo immaginare.
La parola “gentile” deriva dal latino “gentilis”, che significa “appartenente alla stessa gens”, “della stessa stirpe, parente”, concetto che si estende fino a “della stessa nazione, compatriota”. Gentilezza, dunque significa appartenenza a un medesimo gruppo di persone, il riconoscimento e la valorizzazione di ciascuna parte di una comunità. La leadership come l’innovazione, nel 2022, non può prescindere da questo assunto: riconoscere l’importanza della connessione tra gli individui e della centralità delle persone per creare un working enviroment sereno e basato sulla condivisione. Perché gentilezza vuol dire apertura verso il prossimo, senza giudizio e prevaricazione.
Non è un caso che negli ultimi anni abbia preso piede un di welfare aziendale totalmente nuovo, all’insegna del valore. Non sono più infatti solo i numeri ma le persone il cuore pulsante d’impresa.
Il comune denominatore delle aziende vincitrici? Semplice, il valore delle persone.
Si tratta di attiva partecipazione dei dipendenti della vita dell’azienda per la quale lavorano. Il cambio di paradigma è tutto qui: si è passati dalla famosa employee advocacy, dove i dipendenti erano degli ambasciatori della propria azienda, ad un nuovo employee involvment, dove i collaboratori diventano i veri protagonisti della vita in azienda, parte attiva nel raggiungimento degli obiettivi di business.
Anche nel mondo startup la cultura aziendale post covid è andata incontro ad alcuni aggiustamenti rispetto a quella che conoscevamo prima della pandemia.
Come qualsiasi altra azienda quello della startup deve essere un luogo sereno dove affrontare agilmente complessità e ambiguità, grazie alla comunicazione. È responsabilità del founder e del management gestire il conflitto tramite un ascolto attivo del singolo che metta in gioco un’intelligenza di tipo emotivo. Questo switch non è semplice da attuare, ma è una scommessa che se vinta porta relazioni lavorative di qualità e a lungo termine che, a loro volta, generano vantaggi economici. La chiave di volta è essere in grado di ri-immaginare il rapporto tra lavoro e dipendente, in una dialettica che tenga conto del cambiamento ma al tempo stesso che conservi gli aspetti fondamentali nella vita aziendale.
Sono una grande appassionata di viaggi insoliti ed avventurosi, a cui coniugo la passione per il diving e la fotografia, l’amore per la cucina, lo sport e ovviamente l’innovazione in tutte le sue forme. Sono, con gioia, ‘sindaco’ (direttore), del Village, un vero e proprio ecosistema dell’innovazione già presente a Parigi, che a novembre 2018 ha aperto 2700 m2 nel centro di Milano.
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