Lavoro, con rispetto

Impara a passare il pallone

Proprio così, avevo 6 anni quando iniziai uno dei percorsi più belli della mia vita. Imparare a passare il pallone.

Mister Mario Mazzoni Allenatore della Fiorentina anni 70′ controllando le pulsazioni al suo giocatore

In uno dei colloqui più importanti della mia vita, alle 6 della mattina in un albergo di Milano, il Vice-President Americano di Starbucks voleva vedermi per conoscermi e dare il suo “blessing” sulla mia assunzione. Ero preparatissimo: analisi di mercato, bilanci, marketing e molto altro ancora erano stati i miei argomenti di preparazione nei giorni precedenti e invece tutto andò come non mi sarei mai aspettato.

Raccontami la tua storia nel mondo sportivo

Mi accomodai accanto a lui, davanti ad un buon caffè, e la prima cosa che mi disse fu: “Quindi hai giocato a calcio per molti anni nella tua vita… Raccontami la tua storia nel mondo sportivo, sonodavvero molto curioso di conoscerla”. Rimasi per un attimo stupito, tutto mi aspettavo tranne una domanda del genere. Un po’ come quando, in “Notte prima degli esami” un indimenticabile Faletti chiede allo studente proprio quello che aveva consigliato di studiare. Allora, super emozionato, ho iniziato a parlare con gioia di una delle storie più belle della mia vita e una di quelle che, ancora oggi, mi fa stringere forte il cuore.

Erano le 7.04 di una calda mattina quando uscii da quell’albergo dicendo a mia sorella che ero un pazzo, uno stupido e che avevo perso uno di quei treni che passano una volta sola soltanto perchè avevo usato quell’ora così strana per parlare soltanto di calcio. Come al bar con gli amici.

Non ci crederete ma fui assunto il giorno successivo.

A 6 mesi da quel giorno, mi trovai a Seattle con quella stessa persona che aveva cambiato la mia vita. E, chiaramente, non potevo perdere occasione per fare quella domanda che mi tenevo dentro da un po’. “Mi spiegherebbe il perchè ha dato l’ok per la mia assunzione? In cosa l’avrei colpita così tanto? In fondo, ho parlato soltanto di calcio!“. Lui mi guardò e, sorridendo, mi disse che avrei dovuto guardare maggiormente in profondità quelle domanda che, dopo 18 colloqui “tecnici”, erano atte a scoprire davvero chi fossi veramente. Mi disse che quello che indagammo non era soltanto calcio. Era un vero e proprio approccio di vita.

Io a 6 anni nei Pulcini della Florentia Calcio

Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia.

Impegno, devozione, passione, senso di squadra, farsi da parte a favore degli altri, puntualità, disciplina, educazione, costanza, volontà, lavoro orientato all’obiettivo ed infine, last but not least, passare il pallone. Perchè “il pallone sarà sempre più veloce di te“, mi diceva sempre Mister Mario. Proprio così: quel bambino di 6 anni aveva già incontrato la fortuna di avere vicino a sè una persona che gli stava insegnando ad aiutare il prossimo e, non meno importante, che per crescere si ha sempre bisogno di aiuto e supporto dagli altri. Se ci pensate, si ha sempre bisogno di qualcuno. E fu proprio grazie a quegli insegnamenti appresi da bambino con le scarpette sporche di fango che, quel giorno, ottenni il lavoro più importante della mia vita.

Se stessi con un vestito bianco a un matrimonio e arrivasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci.

Diego Armando Maradona

Per me è stata ed è una grande passione e quello che ho imparato in quel rettangolo di gioco e in quegli spogliatoi lo applico tutti i giorni. Perchè in tutto questo non c’è differenza tra sport e lavoro. Può cambiare il prato oppure il terreno in cui ci troviamo, ma il senso non cambia. Provate ad esempio a utilizzare una pallina da tennis nel vostro ufficio. Ecco, adesso lanciatela al collega dall’altra parte della stanza e vedrete che, prima o poi, o si romperà qualcosa oppure a qualcuno verrà un occhio nero. E perchè invece di lanciarla non proviamo ad alzarci dalla propria sedia e ad accompagnare la pallina nella mano del vostro collaboratore, magari con un sorriso e guardandosi negli occhi? Il risultato sarà gratitudine e soddisfazione, oltre ad aver perseguito insieme un unico obiettivo.

Adesso immaginate la pallina come se fosse una mail. Rende l’idea?

Lo sport di oggi sta purtroppo prendendo una piega che amo sempre meno. Valori come il rispetto, l’educazione, l’umiltà sono quasi smarriti e noi, ormai dalla parte di quelli che devono insegnare agli altri come si passa il pallone, siamo coloro maggiormente responsabili di tutto ciò. Abbiamo il dovere di cambiare le cose, di riportare quel sano equilibrio necessario a crescere ambienti più puliti e preparati per educare tutti coloro che forse diventeranno grandi calciatori o sportivi ma che, senza dubbio, diventeranno persone, manager, dirigenti, uomini, donne, padri e madri con il dovere di restituire quanto imparato e ricevuto di positivo alle nuove generazioni. Tutte persone che si alzeranno tutte le mattine per onorare gli impegni presi con la vita e per amare ciò che hanno deciso di fare. Persone che lavoreranno con altre persone sperando che possa risultare quanto più naturale possibile accompagnare la pallina da tennis all’altra scrivania.

La vita da spogliatoio, quanta meraviglia!

Vivi lo spogliatoio.

Siete mai stati in uno spogliatoio di una squadra di calcio, basket, pallavolo o qualsiasi altro sport di squadra prima di una partita ufficiale? Insomma, se non lo avete mai fatto, vi auguro di provare almeno una volta nella vita quell’emozione. Gli sguardi si incrociano, le mani si cercano, gli abbracci sono decisi e estremamente concentrati a viversi con più intensità possibile quel momento. Le parole del Mister penetrano nelle orecchie della sua squadra e ogni singola parola pesa come un macigno. La porta dello spogliatoio è sempre chiusa per stare a significare che in quel momento niente e nessuno può disturbare l’obiettivo comune della squadra e quegli attimi così solenni. Che momenti incredibili, belli per una vittoria oppure talvolta difficili a fronte di una sconfitta.

Il famoso Dream Team dei Chicago Bulls.

Nella mia vita ho vinto molto e perso altrettante volte. Tuttavia, devo ammettere che i ricordi più nitidi riguardano le sconfitte perchè non ero da solo a viverle ma insieme a tutti quei compagni con i quali per tutto l’anno avevamo assaporato e idealizzato quella vittoria mai arrivata. Proprio quelli sono stati i momenti dove ho imparato molto di più nella vita. Lì, ho imparato che la sconfitta non arriva per caso ma che la sconfitta non è altro che la preparazione verso la vittoria del domani. Ho imparato proprio in questi momenti che il sogno non era l’arrivo, ma il percorso fatto di impegni e sacrifici fatti, con costanza e volontà.

Con mio padre, dopo aver vinto un trofeo.

Impara a sognare. E a calciare di piatto.

Sì, è proprio così: il sogno si esaudisce all’arrivo ma il percorso ed è proprio la costanza nello svegliarsi ogni mattina per cambiare le cose in meglio a fare la differenza. Pulire gli scarpini, prepararsi bene alla giornata che sarà ed essere pronti a aiutare il compagna di squadra. E ancora, è l’andare a letto tardi per studiare o per prepararsi meglio al domani. O, semplicemente, è leggere una storia o dedicare del tempo di qualità ai tuoi figli anche se sei stanco morto per fargli fare dei sogni tranquilli. Quella notte e per chissà quanti anni ancora.

Con i miei bambini dell’Aldini Milano.

Quando mi chiedono: “Quando hai inizato a fare questo lavoro?” rispondo così: ” Il mio lavoro è iniziato a 6 anni, su un campo di calcio fatto di terra e tanta passione, colmo di educazione ed impegno, bagnato da tutta quell’umiltà di quel signore che, quel giorno, ha deciso di insegnarmi cosa volesse dire ‘Passa il pallone, Giampaolo, altrimenti da solo non ce la farai mai'”.

Passa il pallone, Giampaolo!

Nel mio centrocampo preferito, contro la Fiorentina allo Stadio Artemio Franchi.
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